All’inizio lo abbiamo tutti preso per uno scherzo. O magari per un refuso, un errore di stampa dovuto a qualche distratto correttore di bozze. E invece è proprio così: dopo aver stanziato 10 miliardi a favore degli istituti di credito settentrionali, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha davvero detto che conta di rilanciare l’economia del Mezzogiorno con cinque milioni. Non un euro in più finirà infatti nella dotazione della Banca del Sud, istituto “in grado di sostenere lo sviluppo del meridione”, per dirla con le parole del titolare di via XX settembre.
Ma non basta, Tremonti è andato oltre, volando alto come suo solito, spiegando ai meridionali che l’Unità d’Italia è stata fatta a spese del Sud, “con le baionette piemontesi” e non con le teorie illuminate di certi intellettuali risorgimentali. Sorge il dubbio che in quel momento il ministro non stesse affatto muovendo un’accusa, ma invece illustrava il modello cui si ispira l’azione del suo governo.
Fuori dall’ironia, la disinvoltura con la quale il ministro Tremonti si taccia per meridionalista dopo aver messo in ginocchio il Sud è francamente insopportabile. Mentre la crisi imperversa colpendo in particolare i lavoratori delle aree deboli, mentre gli esercizi chiudono soffocati dalla stretta creditizia, mentre le famiglie non hanno più di che spendere, la trovata della Banca del Sud – così come pensata dal governo – non può che essere accolta per quello che è: un pessimo numero di avanspettacolo per far dimenticare ai meridionali la parola “recessione”.
Niente più che un diversivo con il quale la squadra del Cavaliere cerca inutilmente di blandire la disillusione e la rabbia nei confronti di questo governo. Non è con uno spot pubblicitario che si cancella nella memoria dei meridionali lo scippo di 20 miliardi di euro dai fondi destinati allo sviluppo del Sud. Non è con uno slogan che si fa dimenticare ai piccoli imprenditori del Mezzogiorno l’abolizione del credito di imposta. Non è con il solito refrain che le famiglie riusciranno ad aumentare il proprio potere d’acquisto. La recessione non si combatte a colpi di annunci, ma con serie politiche di sostegno al reddito e con strumenti specifici di fiscalità di sviluppo chi investe nelle aree deboli.
Quanto sia traballante il discorso intorno alla Banca del Sud lo dimostra il totale immobilismo del governo fronte alla stretta che sta attanagliando le famiglie e le imprese siciliane. Una logica dalla quale non si sottrae neppure il presidente Lombardo. Secondo le ultime stime, infatti, il Banco di Sicilia – unico vero istituto meridionale di cui disponiamo – declina ormai due richieste di credito su tre. Su questo bilancio pesa l’assenza di una visione strategica da parte dell’azionista istituzionale, la Regione Siciliana. Se si vuole veramente iniziare un percorso a favore del Mezzogiorno, si cominci a lavorare da qui e dalle altre realtà esistenti. Si chiarisca una volta per tutte qual’è il ruolo della maggiore banca siciliana. E se è davvero possibile, almeno in questo caso, distinguere le finalità del credito dallo sviluppo economico e sociale del territorio.