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Ogni anno 300 mila persone abbandonano il Sud per cercare fortuna altrove. Quasi uno su due decideranno di non tornare più a casa per tentare di realizzare le proprie aspettative in altre parti del Paese. È il dato più sconcertante che emerge dal rapporto annuale Svimez. Da troppo tempo il Mezzogiorno rimane lontano dalle priorità nazionali. In particolare da un anno a questa parte sembra uscito del tutto dall’agenda pubblica.

Il modello di intervento dell’attuale governo privilegia infatti il riposizionamento competitivo delle aree forti, nella convinzione che alleggerendo gli ultimi vagoni il “convoglio Italia” possa ripartire spedito. Un errore strategico di portata nazionale. Dal decreto Abruzzo agli ammortizzatori sociali, dai bonus famiglia agli incentivi auto, fino ad arrivare al rimborso delle multe europee agli allevatori del nord, ogni spesa è stata finora caricata sulle zone e sulle fasce più deboli del Paese.

Quando una disgrazia si abbatte su una comunità, sia essa una crisi economica, un terremoto o una drammatica ondata di disoccupazione, gli sforzi per la ripresa devono essere chiesti anzitutto alle realtà più forti. Non è solo una questione di solidarietà e giustizia sociale. Le zone e le fasce deboli deboli devono tornare al centro della politica italiana perché solo attraverso una redistribuzione della ricchezza e delle opportunità il sistema-Paese sarà in grado di ripartire.

Se i migliori ragazzi scappano dal sud è perché il Mezzogiorno non è in grado di competere con il nord sul piano della capacità di assorbire forza lavoro altamente qualificata. Come si esce da questa situazione? Come dice il Presidente della Repubblica, lo Stato deve fare di più. Due i nodi da sciogliere: il mancato sviluppo del comparto produttivo del Sud e l’assenza di seri strumenti di raccordo tra le università e il mondo del lavoro.

La classe imprenditoriale meridionale ha bisogno della spinta necessaria per far ripartire il motore del Sud. In termini pratici questo non può che tradursi nel ripristino di una fiscalità di sviluppo che agevoli gli investimenti da Napoli in giù. Su questo binario il governo del centrosinistra , dopo lunghe negoziazioni con l’Unione europea, aveva istituito l’automatismo sul credito d’imposta, immediatamente smantellato da Giulio Tremonti.

Quanto alla promozione del radicamento della forza lavoro nel Mezzogiorno, il Partito democratico ha proposto un piano da 450 milioni per incentivare l’assunzione a tempo indeterminato di 100 mila diplomati e laureati meridionali. Tale progetto, prontamente bocciato dal governo Berlusconi, prevedeva che il compenso del giovane fosse a carico dello stato per i primi sei mesi di stage, al termine dei quali è previsto un bonus di tremila euro per le imprese meridionali che avessero offerto un contratto a tempo indeterminato. Una proposta che non avrebbe impegnato eccessivamente le casse dello Stato e che avrebbe contribuito a far rimanere al Sud una parte di quella “meglio gioventù” che ogni anno lascia la propria terra per non tornare.

Post Author: DantonioSoul77

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