È uno spettacolo indecoroso quello che stanno offrendo i signori della maggioranza sull’assegnazione delle quote del Fas. Uno scempio sia sul piano dei fondi nazionali che su quelli regionali. Dal primo giorno di insediamento il governo ha finanziato un provvedimento dopo l’altro con la quota nazionale stanziata dal governo Prodi, arrivando a dirottare 30 miliardi su capitoli che non hanno nulla a che vedere con lo sviluppo del meridione. Sul versante regionale, invece, l’esecutivo è stato recentemente costretto a confermare la dotazione di 27 miliardi che l’Europa destina direttamente alle Regioni. Ma ha rapidamente trovato il modo di bloccare i piani attuativi, rendendo di fatto indisponibile tale somma per i territori del Mezzogiorno. Oltre al danno c’è anche la beffa: quasi tutti i piani attuativi presentati dalle amministrazioni del centro e del nord sono stati accettati.
L’assessore al Bilancio siciliano, Michele Cimino ha deciso allora di uscire dal torpore, attaccando pubblicamente il ministro ed ex governatore della Puglia Raffaele Fitto. Un affondo sferrato sotto l’ala del sottosegretario con delega al Cipe Gianfranco Micciché. Cimino, Fitto e Micciché: tre esponenti meridionali dello stesso partito, il Pdl. Tre personaggi in cerca d’autore, tanto impegnati ad allestire questa messa in scena da non rendersi conto di quanto sia grottesca la loro posizione.
Incredibile l’impostazione di Fitto: continuando a giustificare ogni bordata che l’esecutivo lancia contro il meridione, riesce solo a dimostrare che il governo preferisce penalizzare le amministrazioni amiche piuttosto di riconoscere un solo centesimo al Sud. Senza senso la non-azione di Cimino: preso atto che la sua voce rimane sistematicamente inascoltata, cosa aspetta l’assessore a dimettersi? Assurda allo stesso modo la posizione di Micciché, che sbraita spesso (e a ragione) contro Tremonti, ma rimane ben saldo sulla sua poltrona.
L’idea che i fatti siano più importanti degli annunci, evidentemente, non sfiora neppure il presidente Lombardo. Di fronte all’ennesima ingiustizia subita, il governatore ha chiesto l’ennesima udienza al premier. Un film già visto diverse volte e sempre con lo stesso finale: un sorriso e una pacca sulle spalle da parte del capo del governo. Né finora è servito di più per far tornare il sorriso sulle labbra del presidente della Regione Siciliana.
Sarà così anche questa volta? Ci auguriamo di no. L’idea che la Sicilia debba andare ripetutamente alla corte di questo governo a trazione leghista per richiedere ciò che le spetta di diritto, è già di per sé un fatto di una gravità assoluta. Cosa aspetta il governatore a prendere iniziative politiche concrete? Quante vessazioni dovrà subire la Regione prima che il leader di un partito che si dice autonomista decida di reagire? La Sicilia ha bisogno ora più che mai di una degna rappresentanza nazionale, che tuteli il territorio e i cittadini al di là di ogni schieramento politico. Si deve dare il via a una battaglia trasversale e senza sconti, per difendere le risorse necessarie a far ripartire l’economia del Mezzogiorno. E, con essa, quella di tutto il Paese.