
Un passo significativo, che ora però deve dar vita a un percorso di riforme davvero strutturali e partecipate. Il decreto sulla pubblica amministrazione è legge. Porta con sé una serie di misure importanti, che recepiscono puntuali proposte del Pd. È il caso del giro di vite sulle spese correnti: auto blu e consulenze subiscono un taglio, rispettivamente, del 40 e del 25 per cento. È il caso del potenziamento degli strumenti finalizzati all’anticorruzione. È il caso della conferma della riserva concorsuale al 50 per cento riconosciuta ai precari e agli idonei non immessi in ruolo. Ed è il caso della conquista di un concorso unico per le amministrazioni centrali. Misure che fissano paletti fondamentali sulla necessità di rilanciare efficienza ed efficacia delle amministrazioni attraverso l’aumento della trasparenza, la lotta alla spese improduttive e l’accelerazione delle procedure di reclutamento di una forza lavoro che resta tra le più anziane d`Europa.
Questa impostazione va ora ripresa e rafforzata nella legge di stabilità. Non bisogna assolutamente dare messaggi contraddittori. Vanno piuttosto costruite, già nella manovra, le condizioni di un cantiere partecipato dalle parti sociali, utilizzando strumenti e risorse a disposizione per rilanciare il comparto pubblico come fondamentale motore di sviluppo nazionale. Il governo deve ascoltare i warning lanciati recentemente da Bankitalia, Istat e Corte dei Conti che, all’unisono, hanno evidenziato il forte e doloroso contributo al risanamento di cui il comparto pubblico si sono caricati e continuano a caricarsi in questi anni. Un sacrificio che solo nell’ultimo lustro ha di fatto compresso di oltre il 10 per cento le buste paga dei lavoratori. Serve una svolta. Vuol dire utilizzare le somme e gli strumenti a disposizione per dare sbocco a coraggiose strategie di rilancio e di ringiovanimento del comparto, attraverso il superamento di un blocco nel turnover che non ha alcuna ragione economica o tecnica per essere reiterato. Significa, inoltre, prorogare i contratti precari in essere, lavorando alla prospettiva di una completa stabilizzazione di professionalità consolidate, che in molti casi fanno andare avanti intere amministrazioni.
L’ammodernamento della forza lavoro con la ripresa del turnover è la prima, essenziale tappa di una road map riformista da affrontare insieme alle rappresentanze dei lavoratori. Un percorso che ambisca a qualificare la spesa, elevando gli standard dei servizi e agganciando le retribuzioni alla produttività. Obiettivi che possono essere colti in tempo solo reimpostando le relazioni industriali secondo nuovi e più moderni criteri partecipativi. Gli sforzi devono concentrarsi in particolare sulla capacità di rafforzare la contrattazione di secondo livello. Significa operare insieme alle parti sociali per realizzare piani organizzativi riconoscano maggiore protagonismo ai lavoratori nei processi decisionali e di controllo della spesa, per poi volgere i risparmi ottenuti su salari di produttività. È la strada che porta al riconoscimento di puntuali responsabilità delle singole amministrazioni nella definizione di piani strategici in grado di ottimizzare i costi dei servizi prodotti, elevandone al contempo la qualità.
Per aprire un simile cammino occorre dare un segnale forte di discontinuità rispetto alle miopi e ideologiche chiusure del passato. L’amministrazione pubblica e il pubblico impiego non sono bancomat di cui lo stato può disporre a piacimento, ma fattori decisivi per far ripartire il motore della crescita nazionale. Il primo passo di questo nuovo corso non può che partire dalla ripresa del turnover e dalla stabilizzazione degli operatori a termine. Una prospettiva che il governo è chiamato ora ad aprire e che il Pd si impegna a sostenere con tutta la determinazione necessaria.